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Markup speakable: quando l’indicizzazione è questione di orecchio

markup

 

  • Il markup speakable individua contenuti adatti alla riproduzione audio tramite sintesi vocale.
  • I principali vantaggi della proprietà speakable per i contenuti di un sito aziendale.
  • Parla come mangi (ma bene): come ottimizzare i contenuti del proprio sito per la pronunciabilità.

 

Ricorderete, forse, lo spot anni ‘90 di una nota marca di gelati: «C’è Gigi? No? E la Cremeria?». I tempi cambiano, il claim resta efficace e il gelato appetitoso, ma la tecnologia avanza. E allora bye bye videocitofono, sotto con gli smart speaker. Nei mesi scorsi Google ha annunciato che il markup speakable sarà esteso a tutti i siti, non più solo a chi offre news. Una grande novità destinata a rivoluzionare il modo di comunicare e di fare marketing di molte aziende. Esagerato? Non proprio, ora vi spieghiamo perché. 

Alla scoperta del markup speakable

Andiamo con ordine. Che cos’è il markup speakable, direte voi? Ci pensa la stessa Google a rispondere. “La proprietà speakable identifica le sezioni all’interno di un articolo o una pagina web che sono più adatte alla riproduzione audio tramite sintesi vocale (TTS)”. 

L’aggiunta di markup consente, quindi, ai motori di ricerca di “pescare” i contenuti leggibili dai dispositivi con assistente vocale. L’assistente Google usa i dati strutturati di speakable per rispondere a richieste di notizie di attualità sugli altoparlanti smart. Quando si chiedono notizie su un argomento specifico, vengono restituiti fino a tre articoli da tutto il web. Supporta, poi, la riproduzione audio utilizzando la sintesi vocale per le sezioni nell’articolo con dati strutturati di speakable. Quando l’assistente vocale legge ad alta voce una sezione speakable, attribuisce la fonte e invia l’Url completo dell’articolo al dispositivo mobile dell’utente tramite app.

Le markup speakable e gli assistenti vocali

Presente USA e beta, futuro tutto da scrivere (e ascoltare)

Al momento la funzionalità è in modalità beta. Disponibile solo per utenti negli Stati Uniti con dispositivi Google Home impostati in inglese ed editori che pubblicano contenuti in inglese. Il futuro? È tutto da scrivere (e da ascoltare), ma pare decisamente roseo.

Siamo, d’altronde, nell’era dell’orecchio. Gli occhi sono stanchi e vogliamo le mani libere per fare altro, come aggiornare i nostri social, oppure ordinare quel bel paio di scarpe viste in uno shop online. Anche per questo, l’audio vive il suo Rinascimento, il podcast brilla e la ricerca vocale è sempre più di tendenza. Il tutto grazie anche a connessioni di rete sempre più veloci e performanti e progressi nel campo dell’intelligenza artificiale e del machine learning. Lo testiamo noi stessi, nella quotidianità: quante volte chiediamo aiuto e dialoghiamo con Siri via smartphone o pc?

Le ricerche vocali crescono e, stando agli esperti, cresceranno sempre più, anche in Italia. Rivoluzione, dunque, all’orizzonte: tocca farsi trovare pronti. E  l’invito è, soprattutto, per le aziende.

I vantaggi del markup speakable

Più che su numeri e statistiche, è meglio concentrarsi sul contesto. Si capirà in seguito quanto, ma di certo l’aumento delle ricerche vocali influirà sul mondo della SEO (Search Engine Optimization) e sul modo in cui cerchiamo/troviamo informazioni. Il markup speakable, da questo punto di vista, può diventare una discriminante niente male. Un elemento che può aiutare a fare la differenza.

Il markup speakable aiuta Google a determinare l’importanza del frammento di contenuto marcato rispetto alla nicchia specifica del topic. Per le aziende si tratta di scegliere le informazioni più importanti relative alla propria attività, evidenziarle a dovere e renderle pronunciabili.

Questo:

  • Agevola un posizionamento più alto nelle Serp, ovvero le pagine dei risultati dei motori di ricerca;
  • Migliora la brand awareness;
  • Consente di raggiungere in modo più rapido il target che ascolta il testo attraverso i dispositivi;
  • Aiuta a ricevere traffico mirato e di qualità sul sito.

Frasi brevi e long tail keyword: come ottimizzare i contenuti per la pronunciabilità

Bello, bellissimo, ma come perfezionare i contenuti del proprio sito e adattarli anche della ricerca vocale? Ecco alcuni suggerimenti:

 

 

  • È consigliabile inserire long tail keyword, ovvero parole chiave dalla coda lunga (tre o più termini). Sono più specifiche rispetto alle normali keyword e con un volume di ricerca più basso. Anche i volumi di traffico sono inferiori, ma qualitativamente alti. L’utente che fa ricerche complesse su Google è più profilato. Ciò vuol dire che, in base alla query, puoi capire con relativa facilità quale sia il suo scopo. E, ovviamente, rispondere da par tuo. 
  • A proposito di qualità, questo resta il prerequisito base: asticella alta e, se possibile, sempre più qualità formale (scrittura efficace, focus preciso, informazioni corrette), ma non solo. Si tratta di lavorare per soddisfare le richieste delle ricerche attuali e riuscire a prevedere i bisogni futuri degli utenti.
  • Useremo sempre più la prima persona per le nostre ricerche. Per esempio: Come faccio a registrare un podcast? o Che cos’è il brand journalism?. Fari puntati sulle question words: cosa, come, dove, quale, quanto, eccetera. In generale, creare frasi brevi, semplici e colloquiali è cosa buona e giusta. Per farsi trovare dai motori di ricerca e raggiungere una fetta più ampia di pubblico. Il caro vecchio parla come mangi…

 

Il markup speakable, insomma, può essere un valido alleato per una comunicazione aziendale efficace. Il presente è sperimentale, ma è bene già ora “sporcarsi le mani”.

Vi state chiedendo se Gigi o almeno la Cremeria è in casa? Schiarite la voce e provate a chiederlo ad Alexa.

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